Le offerte pubbliche di acquisto, che hanno a oggetto i titoli azionari quotati di una società, il più delle volte hanno la peculiarità di essere ostili, ossia dirette a conquistare il controllo della società obiettivo, a danno degli amministratori. La legge offre la possibilità di difendersi, sotto determinate condizioni, ma con il fine di favorire gli interessi dei piccoli azionisti e non quello di proteggere i manager
Il tema relativo agli strumenti a disposizione delle società obiettivo di un’offerta pubblica di acquisto, per difendersi dal tentativo di conquista, è stato molto dibattuto in questi anni, sia all’interno dei confini nazionali sia nell’ambito della Comunità europea, e la normativa in materia sembra essere arrivata alla fine del suo travagliato iter legislativo.
A testimonianza delle difficoltà affrontate nell’adottare soluzioni condivise da tutti gli Stati aderenti, la direttiva 2004/25/Ce sulle offerte pubbliche di acquisto, che deve essere recepita entro il 20 maggio 2006, relativamente agli strumenti di difesa ha dettato disposizioni solamente facoltative e non vincolanti.
L’attuale normativa italiana, disciplinata dall’articolo 104 del Testo unico della finanza, ha adottato il principio della passivity rule, principio che si basa sul divieto di compiere atti tesi a contrastare un’offerta.
Più in dettaglio, l’articolo 104 stabilisce che le società italiane, le cui azioni, quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione Europea, sono oggetto di un’offerta di acquisto, devono astenersi dal compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta, a meno che non siano a ciò autorizzate dell’assemblea ordinaria o di quella straordinaria, a seconda della natura del provvedimento; le assemblee deliberano, in ogni convocazione, con il voto favorevole di almeno il trenta per cento del capitale sociale.
In genere, quando si parla di società si intendono gli amministratori di questa; essi rappresentano i soggetti maggiormente esposti all’operazione, in quanto il primo atto che compie l’offerente, in caso di successo dell’Opa, è quello di sostituire i manager esistenti con quelli di sua fiducia; questo è il motivo per cui in questi casi si parla di Opa ostile, scalata o takeover.
La norma citata è posta a difesa dei soci e non della società, poiché i primi potrebbero essere interessati dall’offerta e quindi non desiderare che essa venga contrastata.
In ogni caso, gli amministratori e i direttori generali sono responsabili per gli atti e le operazioni compiuti.
Tornando ad analizzare i principi considerati dalla direttiva europea, oltre a quello della passivity rule, che, come si è appena visto, può prevedere l’adozione di misure di difesa durante l’offerta (post-bid defences), si hanno anche il principio della breakthrough rule, che rende inefficaci alcune difese preventive (pre-bid defences) durante l’offerta o in momenti successivi, difese costituite da norme statutarie che ostacolano l’esercizio del controllo da parte di chi ha acquistato la maggioranza azionaria come, ad esempio, i limiti ai diritti di voto, le azioni a voto plurimo o il trasferimento di azioni, e il principio della clausola di reciprocità che riguarda la possibilità, da parte di società di uno Stato membro, che applicano la passivity rule o la breakthrough rule, di non rispettare questi principi nel caso in cui siano oggetto di un’Opa lanciata da un offerente non soggetto alle stesse norme.
Definiti gli aspetti regolamentari, può essere interessante soffermarsi brevemente su alcuni aspetti più tecnici della materia. Questo approfondimento permette anche di chiarire alcuni termini usati nel linguaggio finanziario.
Una società, i cui titoli sono oggetto di un’offerta può difendersi dalla scalata, fondamentalmente, in tre modi
chiamare in soccorso una terza società, definita cavaliere bianco o White Knight, al fine di proporre un’offerta concorrente;
aumentare il costo dell’operazione che deve essere sostenuto dall’offerente, mediante opportune operazioni, come ad esempio convertire azioni con voto limitato in azioni con diritto di voto pieno (azioni di risparmio in azioni ordinarie), aumentare il capitale sociale, acquistare azioni proprie per sostenere la quotazione, effettuare operazioni di concambio a condizioni convenienti;
dismettere alcune attività, così da svalutare la società e ridurre l’interesse dell’offerente.
Queste operazioni sono denominate con la colorita espressione anglosassone poison pill, espressione in uso anche in Italia e di cui ci siamo appropriati traducendola nella nostra lingua in pillole avvelenate.
Molto interessante.